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I Saharawi

E’ scoppiata una piccola ma drammatica intifada lungo le rive dell’oceano atlantico, ai margini del sahara. E c’è un muro – anche questo costruito dagli israeliani che lo hanno sperimentato qui prima di realizzarlo in Palestina – e divide i territori sotto occupazione marocchina da quelli amministrati dalla RASD. Vuole dire Republica Araba saharaoui democratica.
Democratica sì, perché non tutti gli arabi sono integralisti e i saharaoui sono arabi colti e tolleranti, dolci e dignitosi, e vogliono l’indipendenza del loro paese.
Abitano il Sahara occidentale, un territorio di 266.000 km quadrati nel Nord ovest dell’Africa, tra il Marocco e la Mauritania e una puntina di confine anche con l’Algeria. Terra economicamente rilevante, per i ricchi giacimenti di fosfati di Bou Craa.

Hanno combattuto la dominazione coloniale della Spagna, organizzati dal Fronte popolare di liberazione del Saguia el Hamra e del Rio de Oro (Fronte Polisario), costituito nel maggio 1973 da studenti e militanti saharaoui. Dal luglio 1974 al maggio 1975 la Spagna, aderendo alle risoluzioni dell’ONU che sollecitavano la decolonizzazione del territorio, ha attuato una completa evacuazione. Subito ne hanno approfittato Marocco e Mauritania, che se lo sono spartiti, contrastate solo dal Fronte Polisario.
Nel medesimo periodo la popolazione, per sfuggire al genocidio, iniziò a emigrare in Algeria dove il Fronte Polisario, con l’appoggio del governo algerino, ha fondato la RASD e l’esercito di liberazione popolare saharaoui. Dal febbraio 1977 al luglio 1978 il Fronte Polisario ha condotto una serie di azioni offensive contro la Mauritania, costringendola a ritirarsi e a firmare un trattato di pace con la RASD. Ma ancora una volta ne ha approfittato il Marocco, che ha invaso anche i nuovi territori, in aperta violazione di ogni norma di diritto internazionale, provocando l’intervento del Fronte Polisario che è riuscito a infliggere numerose sconfitte all’occupante.
Nel decennio successivo l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato con cadenza annuale una serie di risoluzioni con le quali ha ribadito il diritto all’autodeterminazione del popolo saharaoui e nel 1988 è terminata anche la lotta armata del Fronte Polisario, con l’accettazione del piano di pace ONU e della missione MINURSO, che ha per obiettivo la realizzazione di un referendum sull’autodeterminazione.

Il governo marocchino ha sempre boicottato il referendum che non si è ancora svolto. In più ha attuato un piano di colonizzazione del territorio favorendo una forte immigrazione e sconvolgendone gli equilibri demografici. Alla periferia di El Ayoun è sotto gli occhi di tutti una sterminata baraccopoli di poveri marocchini spinti, per pochi dhiram, a insediarsi sui territori e diventare elettori. Secondo il Governo di Rabat il problema del Sahara è un “problema artificiale”, creato dai vicini algerini per contrastare le ambizioni egemoniche del Grande Marocco.
Il risultato è che tutto è rimasto fermo, il referendum ancora non attuato, il contingente della MINURSO ancora inutilmente insediato sul territorio, i saharaoui ancora sotto occupazione e discriminati.
Nel 2005 una nuova generazione di militanti saharaoui ha cominciato una intifada assolutamente pacifica. La reazione marocchina è stata terribile: centinaia di arresti, sparizioni e torture.

PROCEDIMENTI GIUDIZIARI OSSERVATI:
1) El Ayoune, dal 29 al 30 novembre 2005
e dall’11 al 15 dicembre 2005

Processi contro Genhaoui EL KHALIFA, Mohamed HWIDI, Mohamed ETTAHILIL, Eloili AMIDANE, Ali Salem TAMEK, Sidi Ahmed EL MOUSSAOUI, Sidi Mohamed BELLA

Natura delle azioni giudiziarie. Imputazioni:
- associazione di malfattori allo scopo di commettere crimini
- tentativo di distruzione volontaria di edifici con materiale esplosivo
- ostacolo alla circolazione di veicoli
- violenze contro funzionari di polizia nell’esercizio delle loro funzioni

Le incriminazioni sono risultate effetto della partecipazione degli imputati alle manifestazioni non autorizzate che si sono svolte a El Ayoune. Gli arrestati hanno denunciato torture e le sentenze si sono fondate esclusivamente sulle testimonianze della polizia.
La presenza di osservatori internazionali ha corrisposto a una sensibile riduzione delle pene inflitte, che sono state tra i sei mesi e i tre anni di prigione. In precedenza, per fatti analoghi si erano registrate condanne molto più severe.

2) El Ayoune, 25 aprile 2006 processo contro Brahim Dahane e Sidi Sailly, due militanti saharaoui arrestati per reati di opinione e torturati in carcere.
Il processo non si è svolto, perché, forse anche a causa della annunciata presenza di osservatori internazionali, il 22 aprile il re ha concesso la grazia a 46 detenuti.

Situazione attuale: gli arresti sono quotidiani, seguono processi


Il 15 novembre 2006, un rappresentante dell’Osservatorio è stato in Sahara occidentale in occasione del ritorno di Aminettou Haidar. Forte era la preoccupazione che la donna potesse essere arrestata dalle autorità marocchine.
In precedenza l?osservatorio si era reso promotore del conferimento alla esponente saharawi della cittadinanza onoraria della città di Napoli.

Aminattou Ali Ahmed Haidar è nata nel 1967 ad El Ayoun nel Sahara Occidentale. Ha frequentato le scuole primarie e le secondarie e preso la maturità classica in lettere moderne, sempre nella stessa città. E' madre di due figli, Hayat e Mohamed.
Avendo vissuto fin dall'infanzia le atrocità commesse dalle forze marocchine di occupazione, è entrata nella resistenza pacifica contro i colonizzatori all'inizio degli anni '80. Nel novembre 1987 ha deciso, insieme a centinaia di altre donne e uomini, di organizzare una manifestazione pacifica in occasione dell'arrivo nel territorio sahrawi della Commissione tecnica dell'ONU che si recava sul posto per valutare gli elementi necessari all'organizzazione del referendum di autodeterminazione preconizzato dalle NU. I manifestanti volevano esprimere alla Commissione la loro denuncia relativa ai gravi attacchi ai diritti umani perpetrati dalle forze coloniali marocchine fin dall'invasione del territorio (31 ottobre 1975) e rivendicare il referendum. Ma le autorità marocchine bloccarono tale tentativo procedendo all'arresto di oltre 600 persone tra cui 70, di cui 17 donne, risulteranno poi scomparse. Anche Aminattou fu tra quelle donne. liberata il 22 giugno 1991 Aminattou non ha smesso di moltiplicare azioni allo scopo di render nota la grave situazione dei diritti umani nei territori occupati del Sahara Occidentale.
Aminattou Haidar è stata arresta nel pomeriggio di venerdì 17 giugno 2005 nell'Ospedale di El Ayoun mentre veniva medicata in seguito a gravi ferite infertele da agenti di polizia marocchini, intervenuti per reprimere una manifestazione pacifica nel viale Smara ad El Ayoun.
L'attivista sahraui è stata portata nel commissariato centrale della città dove è stata sottoposta a interrogatori continui, isolata, privata di medicinali e anche di alimenti in modo da vincere la sua resistenza.
Il 20 giugno Aminattou è stata trasferita nel Carcel negro di El Ayoun per il suo solo torto di essere una militante dei diritti umani, un simbolo della difesa dei sahrawi.
Nel corso delle ultime settimane alcune centinaia di civili sahrawi ed attivisti dei diritti umani sono stati rapiti, torturati, interrogati ed imprigionati illegalmente per aver partecipato a manifestazioni pacifiche nelle città occupate del Sahara Occidentale. Il 29 settembre 2005 Aminattou e gli 37 altri detenuti politici sahrawi interrompono lo sciopero della fame iniziato 51 giorni prima (8 agosto 2005) senza tuttavia rinunziare alla determinazione di realizzare le loro rivendicazioni legittime.
Aminattou Haidar condannata in primo grado a sette mesi di carcere è uscita di prigione il 17 Gennaio 2006.
Lunedì 8 maggio 2006 a Madrid Aminattou ha ricevuto il Premio Juan Maria Bandres per la difesa del diritto di asilo e la solidarietà con i profughi. Il premio le era stato conferito alla fine del 2005 dalla Commissione spagnola di aiuto ai rifugiati (CEAR).

 


CAMEROUN

L’esplosione della povertà (che colpisce oltre il 50% della popolazione) e contestazioni di vario genere riguardo alle modalità delle privatizzazioni (acqua, elettricità, telefoni), nonché instabilità politica, scontri religiosi nella parte occidentale del paese, disagio nell’esercito (divenuto evidente con l’incendio della polveriera militare di Yaoundè il 18 febbraio 2001) sono tutti fattori che rendono molto complessa la situazione sociale e politica del Cameroun. Che è caratterizzata da instabilità e da grande criminalità.
Diversi organismi, tra cui l’Azione dei cristiani per l’abolizione della tortura, Amnesty International e l’Alto commisariato dell’ONU per i diritti umani hanno denunciato molti casi di violazione dei diritti umani, fino a numerose esecuzioni sommarie a Douala.

Il 23 e il 24 marzo 2005, dinanzi al Tribunale di Maroua, si è svolto il processo contro Blaise Yacoubou e Aminou Mohamadou, due attivisti del Movimento di difesa dei diritti dell’uomo e delle libertà (MDDHL), organizzazione non governativa camerunense, che è continuamente oggetto di procedure giudiziarie.

I due attivisti erano accusati della violazione dell’art. 185 codice penale camerunense “Turbamento del funzionamento di un servizio pubblico al quale non si appartiene”. Reato punito con la pena dell’arresto da 6 giorni a un mese o con l’ammenda dal 1000 a 5000 CFA.
Denunciati da un funzionario pubblico che ha lamentato di essere stato insultato e disturbato nel suo lavoro dai due attivisti che indagavano su una denuncia di trasferimento di un bene contro la volontà del proprietario legittimo.
Il processo si è concluso con l’assoluzione dei due imputati.
Con ciò dimostrando ancora una volta l’utilità della funzione degli osservatori internazionali.